Le prime mostre di pittura nucleare (ma il vocabolo non veniva impiegato ancora) ebbero luogo nel medesimo periodo: Gianni Dova espose a Milano, alla Galleria del Milione (13-26 ottobre 1951) e Gianni Bertini a Firenze, alla Galleria Numero (6-15 ottobre 1951). In un manifesto inchiodato alla parete della galleria, Bertini dichiarava di voler “comunicare delle emozioni visive di quei fatti cosmici, siderei, o meccanici che mi sembra abbiano ad essere il fulcro essenziale del nostro tempo”.
Nel novembre 1951, alla Galleria San Fedele, presentati da Dino Fabbri e da Pierre Jorre de Saint Jorre, ma scoperti e lanciati da Giorgio Kaisserlian, esposero Baj e D’Angelo.
Nel catalogo di questa mostra il termine “nucleare” viene usato la prima volta per definire quel modo di dipingere che le esperienze di Dova a Milano e di Bertini a Firenze, con intendimenti diversi, avevano anticipato.
Poco dopo, Bertini lasciava l’Italia per Parigi, dove ebbe ad affrontare inizialmente un periodo molto difficile e, nel nuovo ambiente, dovette in certo modo cominciare daccapo. Così, disorientato, perse quasi un anno intero senza compiere alcun progresso. Quando, nel maggio 1952, allestì una piccola personale alla Galerie Arnaud, lo fece per vincere quello stato di crisi piuttosto che per presentare i primi risultati sicuri del suo periodo francese: e tuttavia proprio in quella mostra poco concludente egli determinava il punto di partenza del suo lavoro, innestando sulle basi già gettate saldamente nel periodo italiano le sue nuove profonde inquietudini, quelle da cui doveva poi nascere il suo nuovo linguaggio pittorico.